LEONARDO REGANO
ART CURATOR, CRITIC & ART HISTORIAN
L'ORO BLU
Artisti in mostra: Nobuyoshi Araki; Simone Berti; Angelo Bellobono ; Alighiero Boetti; Lorenza Boisi; Luigi Carboni;David Casini;Gea Casolaro; Christo; Davide Maria Coltro; Paola De Pietri; Daniele Di Girolamo; Rocco Dubbini;Marco Emmanuele;Flavio Favelli; Giovanni Gaggia; Marina Gasparini; Francesco Gennari; Luca Grechi; Domenico Grenci; Franco Guerzoni; Giulia Marchi; Jacopo Mazzonelli; Diego Miguel Mirabella; Giulio Paolini; Aleksander Petkov; Vettor Pisani; Anne & Patrick Poirier; Agnese Purgatorio; Marta Roberti; Alessandro Saturno; Greta Schödl; Sissi; Ivana Spinelli; Mattia Sugamiele; Ivano Troisi; Alex Urso; Virginia Zanetti.

Confrontarsi con la percezione di due colori, il blu e l’oro, in un percorso all’interno del Museo dei Bronzi Dorati di Pergola muove inevitabilmente interrogativi e riflessioni sul significato che queste due cromie hanno ricoperto nell’immaginario artistico, fin dagli albori della modernità.
Le sale del museo tutte ci ricordano come l’oro e il blu siano elementi fondativi della nostra iconografia occidentale e cristiana che si è intrecciata indissolubilmente, anche per mezzo di essi, alle suggestioni visive e decorative che provenivano dai continui scambi con il Vicino e Lontano Oriente. L’oro è la luce, l’incontro con il Divino; il blu è il cielo che ci protegge e che si fa manto ricoprendo il corpo della Vergine. L’oro e il blu sono ugualmente la materia, nella sua accezione più preziosa e rara. Il dialogo tra essi, dunque, è una tensione costante tra l'immutabilità del sacro e la fluidità dell'infinito, così come tra la potenza e la forza espressiva del corpo. In questo confronto con la tradizione e con la storia dell’arte, le opere scelte per il progetto espositivo L’Oro Blu aggiungono nuove interpretazioni e nuovi significati semantici a queste letture iconografiche. In questo luogo, il rimando ai due colori ha avuto dei precisi riferimenti da cui non si può prescindere nel nostro racconto: il primo richiama all’incontro con il gruppo dei Bronzi Dorati, esemplare scultoreo unico nel suo genere. Il secondo, fa riferimento alla tradizionale lavorazione della Isatis tinctoria, il comune guado, a lungo lavorata in quest’area. Maestri riconosciuti e nuovi talenti si sono messi all’ascolto di questo luogo per mezzo delle loro opere dimostrando l’universalità del linguaggio dell’arte, testimoni di un sentire creativo comune che travalica i limiti temporali e geografici. L’Oro Blu ha presentato un percorso espositivo che ha coniugato media e linguaggi differenti dalla scultura alla pittura, passando per l'installazione e la fotografia, il video, la sound art e la performance.
La grande corte centrale dell’Ex Convento di San Giacomo ha ospitato il cuore del percorso di mostra il cui incipit è stato incarnato idealmente dall’opera di Luigi Carboni Oro Ossidazione, un grande oro dalle dimensioni quasi monumentali che si è confrontato con il prezioso Scavi Superficiali di Franco Guerzoni, che ha riportato all’altro riferimento concettuale della mostra, il rapporto con il blu del guado. Il chiostro è stato impreziosito dall’intervento di Angelo Bellobono, opera permanente – come di Rocco Dubbini sulla facciata esterna del museo – che si relaziona alla fragilità di un territorio duramente colpito dall’alluvione del 2022. Una natura non controllabile e continuamente mutabile a cui rimanda il maestoso temporale nella fotografia di Paola De Pietri, allestito nella prima sezione della mostra. Qui, il paesaggio notturno di De Pietri, carico di energia elettrostatica, sembra far da contrappasso al cielo diurno e sognante di Nobuyoshi Araki.
L’elemento areo si fa parola ed energia nell’opera Mi libro di Gea Casolaro per ripiegarsi, nella seconda opera dell’artista romana in mostra, Presente Assente, al blu di un cielo negato che interpreta la prigione del ‘male di vivere’. Il delicato equilibrio tra uomo e natura è stato al centro dei più importanti interventi nella carriera di Christo, in mostra con uno dei progetti preparatori per il monumentale impacchettamento di Little Bay, in Australia. Paesaggio e azione antropica hanno continuato a confrontarsi nell’opera di Anne & Patrick Poirier, indagatori e interpreti dell’archeologia e di mondi utopici in cui l’uomo si rivela quale artefice di una nuova natura. L’uomo che la segna la terra e ne traccia confini che crea divisioni e lotte, disparità che conducono alla guerra come ricorda Alighiero Boetti nel suo Dodici forme dal 10 giugno 1967. Di diritti violati parla anche Agnese Purgatorio nell’opera video proposta: il suo blu è il colore del burqa delle donne afgane, elemento testimone di una cultura millenaria ridotta al silenzio e alla sottomissione. Vettor Pisani e Giulio Paolini, da parte loro, hanno riportato il senso di un blu che ha definito la grande storia dell’arte, nelle loro citazioni di Böcklin e Manet.
Lungo il chiostro, il percorso di mostra è proseguito nel dialogo tra l’oro delle pin-up di Ivana Spinelli, icone che intrecciano rimandi all’antico, al pop e all’attualità e il blu declinato nelle opere di Domenico Grenci, Alessandro Saturno e Marco Emmanuele. Tra essi, il grande Venoso di Mare di Sissi Daniela Olivieri associa il blu a un significato fisico e anatomico, sanguigno, che si rapporta alla dimensione emotiva della nostra esistenza. Le opere di Virginia Zanetti e Giovanni Gaggia riportano il confronto tra il blu e l’oro sul piano politico e sociale, traendo diretta ispirazione dalla tradizione della pittura rinascimentale e declinandola nelle tematiche stringenti delle migrazioni e del conflitto in Palestina. Assemic Gold di Greta Schödl è un’opera dal carattere intimista, in cui il gesto della scrittura si fa metafora di un racconto dell’Io.
Nella Sale attigue della Pinacoteca, ha ripreso forza il dialogo tra antico e moderno nelle opere di Flavio Favelli, David Casini e Simone Berti, precedute dal grande disegno tessile di Marina Gasparini, ispirato alle incisioni di Giuseppe Maria Mitelli dedicate al mito della cuccagna. Tra scultura e pittura, il dialogo tra le due cromie è continuato nella Sala successiva, nelle opere di Ivano Trosi, Mattia Sugamiele e Lorenza Boisi: la scultura di Troisi si è rapportata al dato vegetale in confronto con il dittico di Sugamiele, pop e giocoso, che indaga il nostro rapporto con la tecnologia. Boisi riporta attenzione sulla pittura come medium capace di coniugare tradizione e innovazione.
La Sala Romana è stata riservata al rapporto tra la tecnica del mosaico e il contemporaneo, presentando lavori di Diego Miguel Mirabella, Davide Maria Coltro, Marta Roberti e Giulia Marchi che si relazionano all’antica tecnica decorativa e al passato classico con i linguaggi dei nuovi media e attraverso opere che ne commutano il senso decorativo. La Sala dei Bronzi dorati, per la prima volta nella storia del museo, si apre al dialogo con il contesto espositivo e accoglie un intervento site-specific di Francesco Gennari, artista di rilievo internazionale e di origini marchigiane, che riporta l’attenzione sul concetto di icona e il valore delle immagini. Il percorso si è chiuso con le opere di Aleksander Petkov, Daniele Di Girolamo e Alex Urso: il blu e l’oro si declinano nel senso di un’incertezza, materica, intima, comunicativa e sociale che testimonia un tempo dell’oggi sempre più controverso e precario.
























