top of page

L’uomo che non ha la musica in se stesso

 che l’armonia dei suoi suoni non commuove

 sa il tradimento, e la perfida frode.

Le sue emozioni sono una notte cupa

i suoi pensieri un Erebo nero.

Alla musica credi, non a lui.

 

William Shakespeare, Il mercante di Venezia

Alla Musica credi

   Alla musica credi. Perché la musica giunge dritta all’anima e non conosce mediazioni. Alla musica credi. Perché l’armonia non incontra ostacoli e pervade di bellezza ogni singolo atomo, ogni singolo sentimento. Alla musica credi. Così come credi al colore. Perché ogni cromia è in grado di muovere pensieri e sensazioni immediate. E allora anche al colore credi. Perché un blu, un rosso o un verde sono più loquaci di ogni deduzione. Al colore credi. Perché ogni tono e gradazione risponde a una necessità interiore. E altresì, credi alla forma. Perché è la forma che contiene l’essenza delle cose e ce la rende misurabile proprio in questa sua costrizione. Perché è nell’incontro di forme che si crea l’armonia e il dialogo con la nostra anima. Suono, colore e forma: ovvero la grammatica su cui si fonda il linguaggio della nostra interiorità. L'occhio aperto e l'orecchio vigile trasformeranno le più piccole scosse in grandi esperienze, scriveva Kandinskij. Come la grande esperienza della bellezza. E allora, sopra ogni cosa, alla bellezza credi. Perché è in essa che l’uomo riconosce il valore dell’universale. Ed è in essa che l’uomo sviluppa il suo Tatto Interno – con un richiamo manifesto al testo di Daniel Heller-Roazen – nel quale si misura la sua disposizione a un percepire simultaneo, alla sinestesia intesa nel suo senso originario di synaisthanesthai, di “sentire insieme”, di percezione condivisa. E allora alla forma, credi così come al colore, alla musica, all’armonia e alla bellezza.

  Credi a una pittura che trascenda il tempo e si attualizzi in un equilibrio eterno. Credi al racconto di Alessandro Saturno, cantore di un sentimento dell’indefinito che si concerta con l’assoluto. Credi alla sua pittura che come uno scandaglio sonda la nostra capacità di avvertire e comprendere l’altro da noi. Credi a un gesto sicuro e gravido di umori; credi all’evocazione di sensazioni corporee che travalicano il dato fisico verso una definizione impalpabile. Credi a una materia che si mostra labile e fluida ma ancora presente. Credi a una forma che si completa e si definisce nel colore. A un passaggio di stato che si esperisce nell’incontro di cromie pallide e malinconiche; in una dimensione uterina di attesa per le sue figure, ardenti per il desiderio di una nuova venuta al mondo. Nei blu che stemperano nei rossi e creano cromatismi che annullano lo spazio, e sospendono la visione in un territorio indefinito. Credi in una pittura intesa come estetica, come aisthànomai, come un sentire attraverso i sensi. A un “percepire” in cui si coglie il germinare della vita umana, del corpo che prende forma e si affranca dal magma sensoriale in cui ha preso vita (Albedo, 2017; Sospesa, 2017; Grembo, 2017). Allora credi a questa ritrovata congiunzione con il nostro sentire emozionale, nella quale si da risalto l’individualità dei soggetti raffigurati da Saturno, al loro essere piccole e preziose epifanie dello spirito, che si coglie attraverso i tratti di volti eterei (Eidos, 2017). E poi ritorna il gesto e il corpo, segnato da un grafismo più certo delle opere su carta rispetto agli olii, in cui domina il ritmo dalla partitura fatta di alternanze tra forme chiuse e forme aperte, tra colori che avvicendano cromie più terrose a sentori più celestiali. Un ritmo sincopato che traduce il tormento di una forma che si scompone, la moltitudine di personaggi, corrosi e fluttuanti, in continua definizione. E allora si torna alla forma, al colore e alla musica. E allora credi. Alla musica, credi. 

 

Leonardo Regano

bottom of page