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Dio si sceglie come servo il peccatore, affinché la sua grazia risulti nella massima

chiarezza. Il peccatore deve eseguire la sua opera e diffondere la Sua grazia. A colui che è

stato perdonato, Dio affida questo servizio. Ma questo servizio non può consistere altro che

nel seguirlo.

 

(D. Bonhöffer, Gli scritti, 1944)

Per una Sequela contemporanea

«Seguimi», disse Cristo. E Levi accolse il suo invito, fidandosi ciecamente di quell’uomo che si proclamava figlio di Dio, sicuro di ottenere in cambio la grazia e il conforto di cui il suo animo aveva bisogno. Di certo egli non era un giusto ma un uomo comune, un peccatore. Anzi, Levi era un uomo scomodo, impopolare e inviso alla gente per il suo lavoro di esattore delle tasse. E Gesù scelse proprio lui, rispondendo così alle innumerevoli critiche che gli vennero mosse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi» (Matteo 9, 12 – 13). E come Levi così Pietro, Marco e poi tutti gli altri. La Sequela di cui si parla nei Vangeli è la chiamata al seguito di Cristo a cui un vero cristiano non può che rispondere con fede e abnegazione, mettendosi in gioco e rinunciando alla propria esistenza materiale e affettiva sulla terra. Un invito ad essere in Cristo, in tutto e per tutto. Il compenso per tale scelta è il tesoro più grande che si possa mai possedere, la salvezza eterna.

Saturi della frenesia e degli agi della società in cui viviamo, saremmo davvero in grado, oggi, di ascoltare la chiamata di Cristo e di cogliere il suo invito a seguirlo, rinunciando a tutto? Resta ancora oggi impensabile una convivenza tra spirituale e materiale o è lecito giungere a un compromesso tra queste due esigenze della nostra vita? Viviamo in un nuovo umanesimo, in cui tutto ruota intorno all'individuo e ai suoi bisogni. Citando il sociologo americano George Barna che teorizza la designer society, in cui tutto si conforma ai bisogni dell’uomo, l’italiano Luigi Berzano parla di designer spirituality, descrivendo un comportamento tutto moderno per cui anche la spiritualità diventa un bisogno da adattare alle proprie esigenze. La stessa polisemia del termine spiritualità, che in sé ingloba tutti gli aspetti del sentire umano, permette di accomunare fedeli di differenti credi e, perfino, di avvicinare al sacro atei e non credenti. Sempre più, oggi si tralasciano le grandi narrazioni, le grandi mitologie delle religioni e si converge verso un concetto più leggero, fluido della sacralità. L’individuo è libero di disegnare su se stesso il proprio sentire spirituale, di modellare in base alle proprie esigenze le sue credenze e i suoi rituali. Spiritualità e religione sono quindi concetti che oggi convivono assieme ma non coincidono. La religione comporta un impegno preciso e costante: regole e restrizioni che forse oggi non siamo più in grado di sopportare, non solo per una indisposizione personale alle responsabilità e ai doveri ma qualcosa di profondo e radicato ha modificato il nostro essere. L’uomo moderno è stato disarmato della sua capacità di pensare e di agire in una società che ci vede sempre più schiavi delle regole di mercato e del profitto. La sua capacità di pensiero e morale deve essere omologata alla sua capacità di consumo. Come tutto il resto, anche la morale oggi deve essere fast & easy. E persino la religione conosce quindi il suo low-cost, che si palesa in forme che non impegnano e non richiedono molto tempo per la loro funzione. Bonhöffer denuncia questa rilassatezza morale, che era in germe già presente agli inizi dell’età borghese e ha caratterizzato tutto il XX secolo. Ricerca un contatto con le rivelazioni dei Vangeli diretto e puro, senza mediazioni e senza scendere a compromessi con il limite dell’umano. E alle sue parole, segue l’esempio delle azioni. Rifugiato in America contro le persecuzioni della Gestapo perché promotore di una Chiesa tedesca che non si piegasse al potere nazista, con un atto di coraggio il teologo tedesco decide di abbracciare il proprio destino e di tornare in patria dove muove la resistenza al Führer. E lo fa fino alla fine, fino alla morte che giunge nell’aprile del 1945, dopo due anni di prigionia. Era quello il destino che Dio aveva scelto per lui. E Bonhöffer non poteva sottrarsi dal mettere in atto la propria Sequela. La sua presa di coscienza la troviamo in un toccante brano riportato ne Gli scritti (1944) in cui egli afferma «Programmi grandiosi ci portano solo al punto raggiungibile per conto nostro, e invece dovremmo soltanto trovarci là dove Egli è. E ormai non possiamo essere se non dove Egli è. Anche se voi lavorate laggiù, e io in America, noi tutti siamo soltanto dove Egli è. Egli ci prende con sé. O invece sono sfuggito al luogo dove Egli è? al luogo dove Egli è per me? No, Dio dice: tu sei mio servo”.

La Sequela è un sentire intimo e radicale nella sua forza. La Sequela è quella voce interiore che ci spinge verso un bene che va al di là della capacità di comprensione umana. La Sequela nasce nei Vangeli, ma non è un valore esclusivamente cattolico. L’esempio di Bonhöffer, il suo pensiero e la sua capacità di non scendere a compromessi e abbracciare la volontà divina, ci interroga su noi stessi e sulla fermezza dei nostri ideali. Perché il relativismo etico e culturale in cui oggi viviamo, sembra quasi averci allontanato dalla Legge Universale e ha come indebolito la nostra morale. E la realtà è, che pur nelle diversità e nelle differenze restiamo tutti soggetti a un unico Principio Primo con il quale, prima o poi, dovremmo confrontarci. 

 

Leonardo Regano

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